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IL BOLLETTINO - Sacerdoti del Signore... benedite il Signore

A colloquio con Novizia Patricia

ORIGINARIA DEL PERÙ, CHE È NELLA COMUNITÀ DI ROMA TRA LE SUORE OBLATE DI SAN GIUSEPPE
DA MAGGIO 2005 CI RACCONTA UN PO’ LA SUA ESPERIENZA

Sono Novizia Patricia Morales Aguilar e ho 19 anni, compiuti il 24 giugno. Sono la secondogenita di tre figli, una sorella più grande di due anni e un fratello più piccolo di 5 anni. Mio padre è ingegnere e mia mamma professoressa di chimica e biologia.
Sono entrata in comunità a Manzanilla, in Perù, il 17 marzo del 2004, giorno di San Patrizio, due giorni prima della festa del nostro santo protettore San Giuseppe.
Insieme ad altre due sorelle del Perù, Veronica e Josefina, sono venuta in Italia, nella comunità di Roma dove il primo ottobre 2005 ho iniziato il noviziato con altre cinque consorelle. Ormai siamo al secondo anno di noviziato e con la grazia e la benedizione di Dio ci prepariamo a un passo decisivo che il Signore stesso ha preparato per noi: la consacrazione religiosa. La consacrazione religiosa, che per me ha un inestimabile valore, è una grazia speciale con la quale il Signore ci riserva solo per lui, ci santifica e ci fa camminare sulle orme, stesse del suo Figlio Gesù Cristo, ci fa gustare una vita divina, come a tutti i battezzati, solo che a noi in modo diverso, cioè attraverso la Professione dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza.

Come hai scoperto la tua vocazione?
La mia esperienza spesso la paragonano a quella del “figlio prodigio” (Lc 15,11-32), che, lasciato il Padre, partì per un paese lontano, provando vizi e trovando una libertà ingannevole. Tanto più mi addentravo nella vita mondana tanto più mi allontanavo dalla luce e dall’amore del Padre. Però c’è una differenza tra questo figlio prodigio e me: lui rientrando in se stesso ha riflettuto sulla sua posizione e su quella dei salariati da suo padre, si è ricordato di quanta bontà c’era nella casa del padre, allora ha deciso di tornare; nel mio caso, invece, chi ha preso l’iniziativa è stato il Signore che è venuto a cercarmi lì dove ero, nelle tenebre. “Mi vede e commosso mi corse incontro, mi si gettò al collo e mi baciò” (cfr. Lc 15,20). Questo momento ha costituito per me la mia prima conversione, perché in questo momento ho visto il volto dell’amore, dell’infinita misericordia che è Dio stesso e tutto questo grazie a Gesù che è stato pronto a morire per la sua pecora smarrita.
Non solo mi ha salvata dalla morte, ma ancora di più mi ha dato questo dono gratuito della vocazione che non guarda a quello che sono stata o a quello che sono, indipendentemente da questo sceglie, ama, perdona, attira a sé perché Lui è Amore, non c’è altra ragione.
Ecco perché gli ho risposto di sì, perché gli sono grata per quello che ha fatto per me e ancor di più perché mi ha innamorata e mi ha attirata e questa adesso è la sua volontà: che io sia una cosa sola con Dio in Gesù Cristo mi sommo bene.
C’è una frase della Sacra Scrittura che mi dà tanta forza e spero sia così per quelli che leggono questo periodico: “Dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia” e un’altra ancora “In Cristo abbiamo ricevuto la Redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia”.
Il Signore ora mi chiede solo di abbandonarmi completamente a Lui e di svuotare me stessa perché Lui regni, perché come Cristo Gesù spogliò se stesso, umiliò se stesso facendosi uomo, Lui che è Dio (e per questo Dio lo ha esaltato) così anche io mi svuoti per riempirmi di Lui, perché Lui mi divinizzi.

Vuoi dire qualcosa di particolare ai giovani?
Il Padre vuole che noi tutti diventiamo “santi e immacolati nell’amore”, in Cristo Gesù ci ha scelti fin dalla creazione del mondo e vuole che con Lui e in Lui restiamo, l’amore più grande della nostra storia. Il Padre ha amato ciascuno di noi a tal punto da mandarci il Suo unico figlio perché fosse ucciso per la nostra salvezza, nessuno ha un amore più grande. Questo figlio è risuscitato e vive alla destra del Padre per sempre, ma non ci ha lasciati soli, vive in noi attraverso il Suo S. Spirito che ci fa gridare: “Abbà, Padre”.

Cosa ti piace di più della spiritualità Giuseppino-Marelliana?
Ringrazio tanto Dio di avermi chiamata a rispondere questo dono immenso della Consacrazione religiosa tra le Suore Oblate di San Giuseppe che prende come modello la piccola e semplice vita della casa di Nazareth. È in questa congregazione che trovo un modo semplice e prezioso per darmi a Dio, alla Chiesa, e a tutta l’umanità.
Ad imitazione della Sacra Famiglia la nostra vita è “povera e nascosta”. Povera perché come Giuseppe, vive una povertà esterna, ma anche interna perché in ogni circostanza cerca di fare la santa volontà di Dio, non essendo attaccati a nulla se non a Dio solo, povera perché completamente e fiduciosamente abbandonati a Dio.
Nascosta perché ad imitazione si S. Giuseppe si coltiva una unione intima con Dio e quindi una vita nascosta con Cristo in Dio.
Questa vita è possibile viverla perché S. Giuseppe Marello per primo l’ha vissuta e attraverso questo stile di vita è arrivato alla santità. Questa vita è vissuta con amore e per amore, un amore che è pronto a tutto. “Oblata” significa “offerta” al Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo, il quale ci dà la forza per compiere in modo straordinario quelle piccole cose a cui Dio quotidianamente ci chiama.

Marianna Cortellino

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